Pride a Roma, il mondo del lavoro alla parata Lgbt – Vanity Fair

«Anche se in Italia siamo arrivati in ritardo il trend della partecipazione al Pride è in crescita. Ogni anno ci sono sempre più realtà aziendali che partecipazione alla manifestazione» dice Igor Suran Direttore Esecutivo di Parks – Liberi e Uguali.

Il Pride è stata definita la manifestazione dell’orgoglio gay.
«Sarebbe forse meglio parlare di fierezza, non di orgoglio che qualcuno potrebbe intendere come ostentazione. Forse il termine che meglio identifica il Pride è l’essere fieri di quello che si è, un essere fieri che è in contrapposizione al vergognarsi. Si avvicina di più al nostro obiettivo: da una partenza in cui ci si doveva vergognare, si arriva all’essere fieri di quello che si è».

Negli altri paesi le aziende sfilano da tempo.
«La presenza delle realtà aziendali all’estero è garantito, hanno dato la conferma di considerare questa espressione della diversità come parte integrante della personalità di tutti noi. In Italia questo aspetto mancava fino a qualche anno, ma ora le aziende partecipando al Pride riescono a creare questa nuova percezione non solo per chi è gay o lesbica, bisessuale o transgender, ma anche di chi li ama, i familiari, e tutti i colleghi».

Quanto è in crescita questa partecipazione?
«La partecipazione al Pride è la massima visibilità, ma ci sono molte aziende che intraprendono il percorso di inclusione LGBT in silenzio. Il trend è comunque in crescita sia nella partecipazione al Pride sia per quelle che hanno aderito a Parks, mettendo a sistema, formalizzando e accelerando un percorso di inclusione Lgbt. Erano 7 nel 2011 le imprese gli studi legali che avevano aderito. Adesso sono 50. Banca d’Italia, Pfiezer, Ikea, Bnl, Sky, Politecnico di Milano. Questa idea ha precorso i tempi».

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